Il carciofo è una pianta originaria dei paesi del Mediterraneo orientale, sulle cui origini abbondano ipotesi e congetture. Molti affermano che a iniziarne la coltivazione furono gli Egizi (che pare lo utilizzassero largamente come pianta medicinale), altri sostengono siano stati gli Etruschi, come sembrerebbero testimoniare le raffigurazioni parietali di foglie di carciofo in alcune tombe della necropoli etrusca di Tarquinia.
Accenni al carciofo si rintracciano nella storia greca e romana. La mitologia greca ne narra la nascita attraverso la leggenda di Cynara, una ninfa bellissima che fece invaghire di sé Zeus che, geloso, la trasformò in ortaggio verde, spinoso ma dal cuore tenero. Il filosofo greco Teofrasto (III sec. a.C.) decanta le virtù dei cardii pineae, mentre Plinio il Vecchio nel I sec. d.C. accenna all’uso nella cucina romana. In particolare, nella sua Naturalis Historia, lo storico annovera diverse varietà di cardi e tra essi un tipo che produce “fiori spessi e viola, aventi un unico stelo”, probabile progenitore degli attuali carciofi. Egli elenca anche le proprietà curative dell’ortaggio che oltre ad essere un afrodisiaco e un diuretico naturale avrebbe avuto anche una funzione nella cura dell’alopecia, dell’alitosi, dell’indigestione ed un potere nel concepimento di figli maschi!
Anche Columella nel suo De Re Rustica oltre a descriverne modi, tempi di coltivazione e proprietà fa accenno alle sue proprietà organolettiche. Lo definisce caro a Bacco poiché dopo “un suo boccone il palato è dolce ad ogni tipo di vino”. Nel suo trattato di cucina, De re coquinaria, Apicio riporta spesso i carciofi nelle sue ricette, come quelli conditi con il famoso garum o i cuori di cynara di cui i Romani erano ghiotti se lessati in acqua o vino. Dopo il periodo dell’impero romano, del carciofo si perdono le testimonianze storiche. Furono gli Arabi che lo riportarono in cucina, e non a caso il termine carciofo deriva proprio dall’arabo al-karshuf ovvero “spina di terra” e “pianta che punge”. Molto più tardi, persino durante il Rinascimento si fa riferimento a questo ortaggio. Lo stesso cuoco barocco in Vaticano, Bartolomeo Scappi, ne parla nel suo trattato di cucina ed i viaggiatori del Grand Tour ottocentesco raccontano che nel Lazio al mercato si potevano acquistare 30 carciofi per “un paolo”.
Ma è solo dopo gli anni ‘40 e ‘50 che il carciofo cominciò a diffondersi grazie ad un sistema di coltivazione intensiva, soprattutto nell’area costiera. E proprio a questi anni risalgono le prime saghe dedicate al re dell’orto, come quella di Ladispoli, in cui il carciofo si festeggia da oltre mezzo secolo.